Le origini di Velia sono legate alla battaglia di Alaia e le scoperte recenti lo confermano. Stiamo parlando di uno dei siti archeologici più importanti del Meridione: il Parco Archeologico di Velia. Il tempio di Atena e alcuni resti della Battaglia di Alalia rientrano, appunto, nelle ultime scoperte fatte sul sito che fanno luce sulle origini di Velia.
Le origini di Velia – Hyele
Nel 540 a.C. i Focei, una popolazione che viveva nell’attuale Turchia, lasciarono la loro terra perché assediati dai Persiani. Inizialmente tentarono di acquistare un gruppo d’isolette dai vicini abitanti dell’isola di Chio che rifiutarono. Così si diressero in Corsica in una loro colonia: Alalia (attuale Aleria) dove vissero 5 anni.
L’abilità commerciale dei Focei, però, suscitò l’invidia di Etruschi e Cartaginesi. Questa fu la ragione che decretò la Battaglia di Alalia (541-535 a.C) che vide scontrarsi queste tre popolazioni. I Focei vinsero la battaglia ma decisero di abbandonare Alalia e di dirigersi verso il Sud Italia. A Reggio fu loro consigliato di acquistare una città della terra Enotria, che si chiamava Yele, dal nome di una fonte che si trovava lì vicino.
Così i Focei, al termine di un lungo viaggio in nave, approdarono in quella che poi divenne Ele e infine Elea. I romani la rinominarono Velia.
Le importanti scoperte archeologiche avvenute il 1° febbraio 2022, di cui si parla nei paragrafi successivi, si allineano a quanto narrato da Erodoto di Alicarnasso rispetto alla battaglia di Alalia e alla successiva fuga dei Focei.
Il successo di Velia
La felice posizione geografica di Elea – situata su un promontorio a picco sul mare con due insenature che offrivano riparo dalle navi e dai venti e il territorio interno impervio – la rese molto forte.
La città era legata soprattutto a un’economia mercantile, ma prosperò anche grazie alla produzione di olio e pesce salato e alla costruzione di navi molto potenti.
Fu governata dalla buone leggi volute dal filosofo Parmenide.
Grazie a questo filosofo, nativo di Elea, si formò la cosiddetta “scuola eleatica” che influenzò molto il pensiero greco. Uno degli allievi più importanti della scuola fu Zenone che molti considerano “padre della matematica di precisione”.
Rispetto all’esistenza di una scuola medica a Velia, invece, gli studiosi non hanno ancora raggiunto un accordo. Alcuni la ritengono possibile per i ritrovamenti della statua del dio Esculapio e i resti di un Asklepeion (una sorta di antico ospedale), per alcune fonti che descrivono la città come luogo adatto alla cura del corpo, per la pratica dell’idroterapia fredda e perché tra gli ulivi cresceva l’elleboro, pianta utilizzata nelle cure di molte malattie.
Il declino di Velia
Nei primi anni del III secolo a.C. la città strinse un trattato di alleanza con Roma, fornendogli anche navi durante le guerre contro Cartagine. Nell’88 a.C. Elea diventò municipium romano, cambiando il proprio nome in Velia. Riuscì, però, a mantenere la propria autonomia.
Dal punto di vista economico, però, l’insabbiamento dei porti velini e il flusso commerciale romano che prediligeva le vie terrestri, portò a una lenta decadenza della città.
In età medievale la vita della città si concentrò prevalentemente sull’acropoli. Divenne sede vescovile e proprio qui – secondo una tradizione – furono ritrovate le spoglie di S. Matteo che poi furono traslate a Salerno per volere del principe Gisulfo I.
Fino alla metà del ‘600 circa la zona era abitata, ma poi di Velia si persero le tracce.
Gli scavi di Velia: continue scoperte archeologiche
Le prime notizie del sito di Velia si hanno nell’Ottocento quando l’archeologo tedesco Schleuning realizzò una prima planimetria della città.
Gli scavi, però, iniziarono ufficialmente nel 1921 a opera di Amedeo Maiuri e riportarono alla luce gran parte dell’antica città.
Tra gli anni 1927-1950 gli scavi del prof. Mingazzini – ripresi poi nel 2000 – hanno consentito di riportare in superficie la fornace di Velia, utilizzata per produrre i mattoni velini.
Il sito di Velia, data la sua importanza, è continuo oggetto di studi e di ricerche che accrescono le notizie relative alla sua fondazione e alla sua storia.
Velia: il tempio di Atena e la battaglia di Alalia
Il 1° febbraio 2022 l’équipe di archeologi che lavorava agli scavi di Velia da luglio 2021 ha riportato alla luce elementi di notevole importanza.
Velia e il tempio di Atena
Sull’acropoli di Velia sono stati scoperti, infatti, innesti del tempio di Atena risalente al VI secolo a.C.
Gli scavi hanno riportato alla luce le basi di un tempio più antico sotto a quello già conosciuto e che si credeva realizzato in epoca ellenistica (300 a.C.)
Il tempio arcaico, invece, è di forma rettangolare e abbastanza grande (17 metri di lunghezza per 7 di larghezza) con una pavimentazione di terra battuta.
I Focei costruirono e dedicarono il tempio ad Atena – probabilmente in seguito alla Battaglia di Alalia – dopo aver preso possesso del promontorio sul quale sorse Velia (oggi identificato tra Punta Licosa e Palinuro).
Nel tempio sono emersi elementi architettonici in argilla cotta, ovvero frammenti di decorazione del tempio realizzate da maestranze della vicina Cuma; alcune tegole della copertura; vasi e ceramiche dipinte e contrassegnate dalla sigla «Ire» (sacro») che ne attesta la dedica alla divinità e un cumulo di armi anch’esse evidentemente consacrate.
Velia e i resti della battaglia di Alalia
All’interno del tempio, insieme agli altri reperti, vi era un cumulo di armi tra cui due elmi. Uno dei due – probabilmente – fu strappato dai Focei ai nemici nella battaglia di Alalia (tra il 540 e il 535 a.C. circa), facendo luce sulle origini di Velia. Quella di Alalia può essere considerata la prima battaglia navale della storia. Nel 540 a.C., al largo delle coste della Corsica, si scontrarono Focei, Etruschi e Cartaginesi.
Massimo Osanna ha dichiarato che queste reliquie offerte ad Atena “accendono una nuova luce su questa pagina affascinante della storia antica”.
Il direttore degli scavi Francesco Scelza, invece, ha raccontato l’entità dei resti ritrovati: “ci sono tanti frammenti di armi, quelli che al momento appaiono come i pezzi di un grande scudo decorato e due splendidi elmi in perfetto stato di conservazione: uno etrusco del tipo “a calotta”, che gli esperti indicano come Negau dal nome della località slovena dove vennero ritrovati per la prima volta, l’altro di foggia calcidese”.
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PER APPROFONDIRE:
Guida di Elea. Secondo Parmenide di Francesco Castiello
Al turista in transito sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria basta una breve deviazione, uscendo allo svincolo di Battipaglia e imboccando la statale 18, per raggiungere in poco più di mezz’ora d’automobile Ascea Marina. Gli si offre l’opportunità di un incontro davvero singolare. Velia (l’Elea dei Greci), oltre a essere una suggestiva località costiera del medio-basso Tirreno, rappresenta un bacino archeologico di notevole interesse, essendo stato uno dei più antichi insediamenti italioti (VI sec. a.C.), sede di una scuola filosofica tra le più importanti dell’Occidente. Luciano De Crescenzo ha ironizzato sul fatto che se questa località di fosse trovata alle Seychelles sarebbe probabilmente più nota di quello che in certi ambienti dell’Italia che conta. Fortunatamente la scarsità dei visitatori italiani è compensata dalle numerose presenze di turisti tedeschi, francesi e giapponesi. Secondo la testimonianza di Strabone “appena oltrepassata la punta si incontra un’altra insenatura in cui è situata quella città che i Focei, suoi fondatori, chiamarono Vele, e altri Ele, da una certa fonte, e ora chiamiamo Elea, donde provennero i pitagorici Parmenide e Zenone”.
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La foto in copertina è del Parco Archeologico Velia
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